mercoledì 13 maggio 2015

Masochista a chi —  Norma Rangeri

Forse un altro scio­pero, pro­ba­bil­mente il blocco degli scru­tini. Le toppe che fret­to­lo­sa­mente il governo ha messo al dise­gno di legge sulla scuola devono essere apparse peg­giori del buco se ieri i sin­da­cati sono usciti dalla riu­nione a palazzo Chigi con un «no, gra­zie», deter­mi­nati a raf­for­zare la battaglia.
Del resto una delle bat­tute di gior­nata più vol­gari Renzi l’aveva pro­nun­ciata pro­prio qual­che ora prima dell’incontro all’indirizzo dei pro­fes­sori («la scuola non è l’ammortizzatore sociale degli inse­gnanti»), con­si­de­rati dei pove­racci che pen­sano solo al (magro) stipendio.
Men­tre si avvi­cina la data di ele­zioni regio­nali che saranno ricor­date come quelle delle liste impre­sen­ta­bili, Renzi non si trat­tiene e col­pi­sce dura­mente qua­lun­que forma di vita alla sua sini­stra. Obiet­tivi pre­fe­riti, il sin­da­cato e l’opposizione interna. E mena fen­denti nel ten­ta­tivo di fare il pieno dei voti in libera uscita dal cen­tro­de­stra spap­po­lato, mal­de­stra­mente masche­rato da una riven­di­ca­zione a sé del rifor­mi­smo vincente.
Non il patto del Naza­reno, non l’abolizione dell’articolo 18, non il jobs act, non la con­tro­ri­forma della scuola, non le riforme costi­tu­zio­nali sareb­bero le ragioni di una deriva cen­tri­sta del “par­tito della nazione” e di una per­dita di con­senso nei mondi tra­di­zio­nal­mente schie­rati a sini­stra. Ma è «la sini­stra maso­chi­sta in Ligu­ria che dà la pos­si­bi­lità a Forza Ita­lia di essere ria­ni­mata», sarebbe il depu­tato Luca Pasto­rino, can­di­dato alle regio­nali liguri la causa della temuta (e impro­ba­bile) resur­re­zione ber­lu­sco­niana. E non è una bat­tuta ma il cuore della sua lunga pas­seg­giata elet­to­rale davanti alle tele­ca­mere di Repub​blica​.it.
Il pre­si­dente del con­si­glio, per l’occasione vestito con la giacca del segre­ta­rio del Pd, ha irriso la mino­ranza del par­tito da cui evi­den­te­mente teme di rice­vere qual­che dispia­cere elet­to­rale. E così ha spa­rato can­no­nate por­tando a ter­mine la rot­ta­ma­zione della vec­chia classe dirigente.
Con i toni arro­ganti che ne con­trad­di­stin­guono il pro­filo poli­tico, ha preso a ber­sa­glio gli ultimi espo­nenti della vec­chia nomen­cla­tura col­pe­vole di lesa lea­der­ship («Non è che se non ci sono Ber­sani e D’Alema non c’è più la sini­stra»). A parte il fatto che D’Alema e Ber­sani sono ancora nel Pd ed espel­lerli a mezzo stampa non è il mas­simo dell’eleganza nem­meno nel PdR, soste­nere che i poveri maso­chi­sti alla Fas­sina dovreb­bero «ricor­dare quando il Pd per­deva dav­vero col 25%», è una di quelle carte false buone per la pro­pa­ganda visto che il segretario-presidente è seduto a palazzo Chigi pro­prio gra­zie al tanto disprez­zato par­tito del 25 per cento che lo ha por­tato al governo.
Sarebbe più pru­dente pren­derne atto, anche per­ché con­ti­nuare a sban­die­rare il 40 per cento rag­giunto alle euro­pee, in vista delle regio­nali potrebbe rive­larsi un azzardo.

Masochisti e truffatori

di Alessandro Gilioli
Trovo molto positivo che Matteo Renzi abbia buttato sul tavolo la questione del "masochismo della sinistra", perché è dirimente. Nel senso che è questione centrale per fare chiarezza, per togliere dal campo nebbie, ambiguità e truffaldini nominalismi.
Masochisti sono, notoriamente, coloro che producono male a se stessi.
Ad esempio, prendiamo una persona che vorrebbe in Italia un'inversione urgente della tendenza trentennale che ha allargato la forbice dei redditi, una redistribuzione parziale dei patrimoni dinastici (specie quelli fondati sulla speculazione finanziaria), uno spostamento di risorse dalla scuola privata a quella pubblica, un taglio severo alle spese militari, un sistema elettorale che crei nuovi canali tra cittadini e palazzo, una lotta senza quartiere all'evasione fiscale e magari una garanzia sociale di pur basilare continuità di reddito per gli ultimi in un'era di occupazione liquidissima.
Ecco: una persona del genere - che probabilmente si definirebbe di sinistra - è masochista se vota o se non vota Renzi?
A occhio, con permesso, se lo vota: per il semplice motivo che tutte le cose di cui sopra Renzi non solo non le ha fatte, ma non ha la minima intenzione di farle. Anzi, in alcuni casi va nella direzione opposta.
Allora perché Renzi definisce "masochisti" quelli che non stanno con lui, avendo le idee di cui sopra?
Ecco che qui arriva la truffa. Perché Renzi "è il leader di un partito di sinistra" o almeno di centrosinistra. Quindi chi è di sinistra dovrebbe stare con lui, e consentire la sua vittoria, non sulla base di ciò che pragmaticamente il premier fa o non fa, ma sulla base nominalistica della provenienza e della tradizione del partito di cui è leader, erede del Pci-Pds-Ds.
Insomma, zitti e mosca, la sinistra sono io quindi se voi siete di sinistra e non contribuite alla mia vittoria siete masochisti.
Peccato che la verità sia esattamente il contrario: masochista è chi, anelando a un sistema sociale più equo, consente di comandare a chi verso l'equità non ha alcun interesse, ma è apertamente fautore di un vincismo individualista e ipercompetitivo, infatti è portato in palmo di mano dalle élite di questo Paese e non solo.
Quindi masochisti, scusatemi, sono i tanti amici e compagni di ogni età che lo votano, e credono di aver vinto - wow, abbiamo il 40 per cento! - quando le loro idee hanno drammaticamente perso, perché chi ha vinto fa il loro opposto.

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