venerdì 16 ottobre 2015

MISERIA LADRA !

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Domani la rete di orga­niz­za­zioni della cam­pa­gna Mise­ria Ladra pro­muove una mobi­li­ta­zione dif­fusa su tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale in occa­sione della gior­nata mon­diale per l’eliminazione della povertà, indetta dalle Nazioni Unite nel 1993. Dopo 22 anni da quel solenne impe­gno, le dise­gua­glianze e l’esclusione sociale col­pi­scono un numero sem­pre più grande di per­sone met­tendo a rischio coe­sione sociale e democrazia.
Nel nostro paese la povertà asso­luta negli ultimi 7 anni è quasi tri­pli­cata, arri­vando a col­pire 4,5 milioni di cit­ta­dini. La povertà rela­tiva è rad­dop­piata, tra­sci­nando in basso quasi 9 milioni di per­sone. Oltre un milione sono i minori in povertà asso­luta; l’11% della popo­la­zione è in con­di­zione di grave depri­va­zione mate­riale e un quarto è a rischio povertà. Gli ultimi dati Svi­mez foto­gra­fano una gigan­te­sca que­stione meri­dio­nale: un terzo della popo­la­zione a rischio povertà, caduta del 59,3% degli inve­sti­menti dal 2008, disoc­cu­pa­zione gio­va­nile oltre il 60%, disper­sione sco­la­stica e red­dito medio pro­ca­pite peg­giori del con­ti­nente, nuova ondata emi­gra­to­ria che ci riporta ai livelli del 1860. In Europa sono 123 milioni le per­sone a rischio povertà, 50 milioni nell’indigenza e 26 milioni di minori in povertà asso­luta. L’1% della popo­la­zione euro­pea ha invece accre­sciuto le pro­prie for­tune sino a dete­nere il 33% della ric­chezza complessiva.
Oggi la povertà col­pi­sce anche chi ha un lavoro, come dimo­strano gli oltre 4 milioni di lavo­ra­tori poveri del nostro paese, i gio­vani che sono la gene­ra­zione con meno diritti della sto­ria del con­ti­nente, le donne, le fami­glie mono­pa­ren­tali, i pen­sio­nati, le par­tite Iva, una fascia enorme dei ceti medi e i migranti già resi­denti nei paesi euro­pei. I ceti popo­lari e medi stanno ancora pagando il prezzo della crisi deter­mi­nata da un modello eco­no­mico inso­ste­ni­bile sul piano sociale e ambien­tale, al ser­vi­zio di una finanza cri­mi­no­gena e fuori dal con­trollo demo­cra­tico. Allo stesso tempo il venir meno delle cate­go­rie del nove­cento e l’esasperata per­so­na­liz­za­zione nel qua­dro poli­tico hanno deter­mi­nato un crollo dei valori di rife­ri­mento legati ai prin­cipi della Costi­tu­zione, lasciando senza rap­pre­sen­tanza poli­tica una enorme fetta di società.
La que­stione nuova con cui fare i conti è che la lotta alle dise­gua­glianze non rap­pre­senta più una prio­rità della poli­tica. Ma le dise­gua­glianze non dan­neg­giano solo chi ha a cuore la demo­cra­zia. Gli ultimi studi Ocse con­fer­mano come sia fon­da­men­tale con­tra­starle per ren­dere più sta­bile e sana l’economia di un paese. Un aumento del Pil non rap­pre­senta di per se un miglio­ra­mento delle con­di­zioni mate­riali di chi sta peg­gio, non serve a ridurre le dise­gua­glianze e a ren­dere sana l’economia se non si inve­ste sulle poli­ti­che sociali e sul soste­gno al reddito.
In tutta Europa è evi­dente invece la con­nes­sione tra dise­gua­glianze e con­di­zio­na­mento poli­tico. Più si con­cen­trano le ric­chezze in poche mani e mag­giore è la capa­cità di influen­zare e domi­nare i pro­cessi deci­sio­nali da cui sca­tu­ri­scono le norme che rispec­chiano gli inte­ressi dei più forti. Men­tre chi sta in povertà e vul­ne­ra­bi­lità non ha voce per chie­dere poli­ti­che più eque, diritti e pari oppor­tu­nità, sostiene l’ultimo rap­porto Oxfam sulle dise­gua­glianze in Europa. La con­se­guenza è l’istituzionalizzazione delle grandi ric­chezze e della dila­gante povertà. Inol­tre il potere delle lobby ha deter­mi­nato una rela­zione stret­tis­sima tra poli­tica e affari, segna­lata come il fat­tore più impor­tante nell’aumento della cor­ru­zione. Negli ultimi 3 anni — denun­ciano i rap­porti inter­na­zio­nali sulla tra­spa­renza — solo la Slo­ve­nia ha messo in campo una nor­ma­tiva appena suf­fi­ciente a garan­tire tra­spa­renza e parità di accesso.
Il «con­di­zio­na­mento poli­tico» è anche la prin­ci­pale causa dell’allontanamento dalla par­te­ci­pa­zione attiva dei cit­ta­dini. Il 70% degli ita­liani secondo le ricer­che della ong Tra­spa­rency per­ce­pi­sce i governi come domi­nati dagli inte­ressi dei più forti. Negli anni della crisi le scelte fatte hanno rispec­chiato gli inte­ressi delle élite , aumen­tando a dismi­sura le dise­gua­glianze. Que­sto spiega per­ché le poli­ti­che di auste­rità hanno col­pito così dura­mente i ceti più deboli e i ceti medi senza toc­care le grandi ric­chezze, men­tre si sono tagliate risorse per wel­fare e diritti sociali. In Ita­lia i miliar­dari sono tri­pli­cati, così come i milioni di cit­ta­dini in povertà.
I più deboli da noi con­ti­nuano a pagare di più. Le cause sono un sistema fiscale ini­quo; il patto di sta­bi­lità che impe­di­sce di dare la prio­rità ai diritti sociali in nome delle com­pa­ti­bi­lità finan­zia­rie dele­git­ti­mando il ruolo degli enti locali; l’assenza di una misura uni­ver­sale di soste­gno al red­dito; l’assenza dei livelli minimi di assi­stenza sociale; le pri­va­tiz­za­zioni dei ser­vizi basici; un wel­fare depo­ten­ziato e anco­rato a un modello “fami­li­stico cor­po­ra­tivo” a disca­pito dell’intervento pub­blico che ha dato rispo­ste non omo­ge­nee sul ter­ri­to­rio, raf­for­zando una cul­tura patriar­cale che sca­rica sulle donne il ruolo di cura e pro­te­zione; il taglio negli ultimi 7 anni del 58% del fondo per le poli­ti­che sociali; l’attacco alla con­trat­ta­zione col­let­tiva e l’assenza di una poli­tica indu­striale legata ai set­tori ad alta inten­sità lavo­ra­tiva e alla ricon­ver­sione eco­lo­gica; l’intreccio tra poli­tica, affari e mafie che ha sot­tratto risorse e chiuso spazi di inno­va­zione sociale.
Sono due le misure che rilan­ce­remo domani in tutte le regioni del Paese: 1) una buona legge per un Red­dito di Dignità così da ren­dere effet­tivo un diritto sociale fon­da­men­tale costi­tu­zio­na­liz­zato attra­verso l’articolo 34 della Carta Euro­pea; 2) il rifi­nan­zia­mento del fondo per le poli­ti­che sociali e per la non auto­suf­fi­cienza ai livelli del 2007, defi­nendo i livelli essen­ziali di assi­stenza a livello nazio­nale. Due misure che dareb­bero subito una rispo­sta a 9 milioni di per­sone e rilan­ce­reb­bero l’economia. La neces­sità di resti­tuire voce a quanti è stata negata e la spe­ranza del cam­bia­mento sono i motivi che met­tono insieme cen­ti­naia di realtà pro­ve­nienti da mondi diversi, ma unite dall’impegno affi­da­toci dall’articolo 3 della nostra Costituzione.
Giuseppe De Marzo - Il Manifesto

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