martedì 29 dicembre 2015

Lo stile di Rifondazione di Francesco Saccomanno


Lo stile di Rifondazione
Segnaliamo un commento del compagno Saccomanno a un articolo (vedi fondo pagina) sulla consultazione degli iscritti che abbiamo svolto nel corso del mese di dicembre. Si tratta di un commento scritto di getto sul sito del Manifesto non di un articolo ma ci sembra che renda giustizia al lavoro militante di tante compagne e compagni di Rifondazione Comunista.
Sono immeritatamente segretario della Federazione di Cosenza del Prc e vorrei fornire alla Preziosi alcuni elementi che, considerato il tono complessivo dell’articolo velatamente (scusatemi per l’eufemismo) irridente, potrebbero ritornarle utili per comprendere meglio le terribili ed arcaiche dinamiche di Rifondazione. Il sottoscritto, iscritto al Prc dopo Genova e proveniente da esperienze di movimento, in cui continua comunque a stare, proprio durante le consultazioni “molto old style” ha partecipato alla apertura di un nuovo circolo di Rifondazione nel comune di Trebisacce (Cs), con un nucleo di compagni iper-nostalgici che da tempo lavorano materialmente addirittura alla costruzione della Sinistra dal basso, curando con altri volontari un centro di supporto linguistico e di doposcuola popolare per i fratelli migranti adulti e giovani e per i ragazzi del posto in difficoltà (con il documento del Cpn votato da tutti i novelli bolscevichi!). Inoltre, proprio durante le consultazioni “molto old style”, nel comune di Rogliano (Cs), in un circolo ricostituito da 14 compagni giovani (si, incredibilmente oltre che in Act ci sono pure i giovani nel Prc!) e 4 cosacchi meno giovani, abbiamo fatto il punto sulla raccolta dei libri per avviare in questi giorni una biblioteca popolare (tutti favorevoli al documento tranne un compagno astenuto non su posizioni mensceviche!). Per giunta, proprio durante le consultazioni “molto old style”, nell’incontro dei circoli del Tirreno cosentino (tutti favorevoli al documento, votazione bulgara!) abbiamo anche fatto il punto sulla nostra partecipazione alla manifestazione antifascista che il Prc, insieme all’Anpi ed ai movimenti della rete antirazzista ed antifascista calabrese, ha indetto per impedire la partecipazione del delinquente stragista Roberto Fiore all’inaugurazione di un circolo di Forza Nuova a Verbicaro (Cs). Per di più, proprio durante le consultazioni sempre “molto old style”, nell’incontro del circolo di Colosimi (Cs) abbiamo fatto il punto sull’azione che stiamo conducendo con il consigliere comunale de “L’Altra Colosimi” per impedire la svendita di un terreno pubblico voluto da una Giunta del Pd e per proporre un progetto alternativo di utilizzo di quel bene comune (qui tutti favorevoli al documento ed un comp. contrario che, chiaramente, manderemo in un campo di rieducazione che abbiamo attrezzato in Sila!). Mi chiedo e chiedo alla Preziosi ed ai compagni de “il Manifesto – quotidiano comunista”: attraverso il telefono o la rete si potrebbero fare queste cose? E poi: perché è così disdicevole cercare di lavorare per unire ciò che il liberismo divide, per cui di fronte alle dilaganti solitudini si rimettono in piedi dei luoghi fisici di discussione e di confronto, in cui si avviano pratiche di socialità e di solidarietà e ci si organizza per ricostruire la Sinistra anche dal basso ed al contempo per dare forza a quel movimento quanto mai necessario per abolire “lo stato di cose presente”?
Sì all’unità, anche se l’unità non c’è
Il Prc consulta gli iscritti, tutti (o quasi) contro lo scioglimento e per il nuovo soggetto. Che però è già saltato. Ferrero: «Raddoppiati i militanti al voto». La giovane Forenza: «Il quesito non aveva attinenza con la realtà»
rifondazione-bandiera-formato-grande1Oltre 5mila partecipanti al voto su circa 20mila iscritti dichiarati, oltre il 70 per cento dei sì al quesito proposto dal «comitato politico nazionale» e rimasto graniticamente lo stesso anche mentre a sinistra tutto, o quasi, cambiava. Il referendum interno molto old style di Rifondazione comunista — voto espresso fisicamente in sezione, non ammesso quello telefonico giammai quello attraverso la rete — ha consegnato un regalo di Natale al segretario Paolo Ferrero. Che infatti è contento: «È la seconda volta che facciamo una consultazione. La prima era sulla partecipazione alla lista L’Altra Europa con Tsipras alle scorse europee. Stavolta abbiamo raddoppiato i partecipanti e abbiamo ribadito a larghissima maggioranza che siamo favorevoli al soggetto unitario della sinistra e contrari allo scioglimento del nostro partito». L’oggetto della consultazione, che è durata le prime due settimane di dicembre e si è chiusa lo scorso 19, era il no allo scioglimento del Prc e il sì alla «costruzione attraverso un processo unitario, partecipato e democratico, del nuovo soggetto della sinistra» che «vedrà una prima tappa positiva nella convocazione dell’assemblea del 15/17 gennaio 2016 convocata sulla base del documento “Noi ci siamo, lanciamo la sfida”». Ma qui arriva il primo guaio: mentre il Prc organizza il suo referendum, salta il tavolo unitario a cui siedono Sel, ex Pd, Prc, Altra Europa, Act, più alcune personalità come Sergio Cofferati. Non basta aver raggiunto un accordo sulla fine della coalizione con il Pd quasi ovunque (non a Cagliari, resta aperto il caso delle primarie milanesi). La rottura avviene sulla morte dei partiti di provenienza: Sel ed ex Pd la pretendono, il Prc è contrario. L’assemblea di gennaio viene cancellata. E il documento finisce nell’archivio delle occasioni perse.
Ma la segreteria del Prc non fa una piega: mantiene la consultazione e il testo del quesito così com’è — peraltro per statuto non ha il potere di cambiarlo — facendolo accompagnare dall’avvertenza che se anche l’accordo con le altre forze politiche è saltato, quella resta la linea del partito.
E così va, secondo i dati comunicati in queste ore dal responsabile organizzazione Ezio Locatelli: 462 circoli riuniti finora, 12mila militanti coinvolti, 5185 votanti di cui 3700 sì (il 71,4 per cento) e 1175 no (il 22,7). Mancano all’appello alcune regioni ritardatarie, come Abruzzo e Sardegna, ma il dado è tratto. Il fatto che gli iscritti si siano espressi su un «processo politico» nel frattempo deragliato non preoccupa Ferrero: «L’indirizzo politico del corpo militante del partito è chiaro. Il tema del processo unitario per noi si svolge così. E consiglio di studiare bene il voto spagnolo, per capire che se Podemos avesse accettato ovunque la proposta di fronte popolare di Izquierda Unida, la sinistra spagnola ne avrebbe guadagnato ancora di più. Qui da noi chi vuole farsi un partito per i fatti suoi, se lo faccia».
Per capire quest’affermazione bisogna addentrarsi nel ginepraio della sinistra (politica) italiana, con tutte le cautele del caso: Ferrero non lo dice ma ce l’ha con chi, secondo la versione del Prc, ha fatto saltare il «tavolo» della «cosa unitaria» pretendendo lo scioglimento dei partiti: leggasi vendoliani ed ex Pd. E ce l’ha anche con i giovani che in seguito hanno promosso un nuovo appello e un nuovo appuntamento, stavolta per febbraio: di nuovo chiedendo ai partiti di «scrivere una nuova storia»: leggasi ’sciogliersi’. Per il Prc il tema non è e non può essere all’ordine del giorno, spiega il presidente del collegio dei garanti Gianluca Schiavon: «La battuta d’arresto nel processo unitario non deve farci desistere dall’obiettivo di un sinistra unita e ampia. Lo scioglimento del Prc non è a disposizione del gruppo dirigente ma, eventualmente, di una larghissima maggioranza congressuale».
Alla consultazione del Prc c’è anche chi ha detto no. E non per dire sì allo scioglimento del partito ma ’da sinistra’ per diffidenza sul percorso unitario, poi in effetti andato a sbattere. È il caso, fra gli altri, di Eleonora Forenza, giovane ricercatrice e eurodeputata dell’Altra Europa, lista che dopo un anno ha perso la capolista Barbara Spinelli, uscita dal gruppetto italiano per restare nei banchi della sinistra europea. Spiega Forenza: «Dopo che è saltato il tavolo del soggetto unitario ho chiesto che la consultazione fosse sospesa perché a quel punto il quesito non aveva più attinenza con la realtà. Non sono stata ascoltata. Per questo ho votato no». E comunque avrebbe votato no in ogni caso: «Non avrei avallato un processo che lasciava aperti troppi nodi e dubbi».
Daniela Preziosi - il manifesto

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