venerdì 11 dicembre 2015

Se i finanzieri ti hanno truffato, perché dovrebbe essere un mio problema? di Carlo Gubitosa


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Leggendo tra le righe dei crack e degli scandali finanziari di queste ore, la cosa che mette più tristezza non è la truffa che si è consumata ai danni di alcune persone che hanno scoperto nel modo peggiore il rischio legato agli investimenti finanziari, ma il fatto che nonostante questo scandalo continueremo a considerare questi investitori come "risparmiatori".
E purtroppo l'ignoranza si paga, e ci rende più vulnerabili alle truffe.
Avere ben chiara la distinzione tra investitore e risparmiatore serve a capire che il risparmiatore non ha il rischio di perdere il capitale accantonato, mentre l'investitore gioca ad una roulette senza garanzie certe, e non dovrebbe stupirsi se qualcuno gli spergiura che uscirà sicuramente il rosso ma poi alla fine esce il nero, a meno che non sia stato imbrogliato fino a credere che la finanza sia una scienza esatta.
Se proprio vuole piangere recitando la parte dell'imbrogliato, che l'investitore cominci a piangere su se stesso, sui propri errori di valutazione e sulle proprie lacune di comprensione del sistema finanziario, visto che la sua situazione non è stata generata solo da chi lo ha consigliato male, ma principalmente dall'ignoranza e dalla creduloneria su cui hanno fatto presa quei cattivi consigli conditi da promesse di rendimenti mirabolanti.
E' il mercato, bellezza, e non puoi farci nulla: a volte il mercato dei titoli finanziari è crudele, getta sul lastrico famiglie, fa svanire nel nulla enormi quantità di denaro inghiottite dai paradisi fiscali, fa furti legalizzati con i giochi delle tre carte della finanza.
Benvenuti nel mondo reale, dove i soldi si fanno con i soldi, ma solo se ne hai così tanti da poter manovrare a tuo piacimento i mercati, e perfino i governi che vengono spinti a riparare i tuoi danni quando qualcosa va storto.
E' un mondo dove i tuoi sudati trentamila euro di risparmi, che per te sono tutta la tua vita e tutta la tua sicurezza per il futuro, in un tavolo da gioco ben più grande della tua vita diventano gocce insignificanti che si perdono nel mare del casinò globalizzato.
Guardati dieci secondi di flussi finanziari telematici rallentati in tre minuti e mezzo: ci capisci qualcosa? Io non molto, ma mi sembra piu' che abbastanza per capire che i miei risparmi devono stare alla larga da tutto questo, e se proprio ho dei soldi che voglio far fruttare, molto meglio aiutare un amico ad aprire un ristorante, cosi' almeno non rischio di restare totalmente a bocca asciutta.
Adesso questi investitori hanno scoperto di non essere dei risparmiatori, e hanno imparato sulla loro pelle che il mondo non funziona secondo le promesse dei promoter finanziari, che dalla loro prospettiva magari non hanno le loro stesse ricchezze da investire, hanno un mutuo da pagare, vengono valutati anche in base al numero di titoli sottoscritti e non vogliono avere prestazioni peggiori di quelle dei loro colleghi.
E come nella migliore tradizione italiana, quando i finti furbi si scoprono fessi vengono a piangere dallo Stato-mammella, e lo stato al quale vogliono accollare le loro perdite è lo stesso a cui avrebbero volentieri negato le tasse su eventuali profitti finanziari, spostandoli in qualche paradiso fiscale con l'aiuto di un bravo commercialista.
Ma ognuno dovrebbe pagare il prezzo della propria formazione, e i costi didattici di chi impara amare lezioni alla scuola della vita non dovrebbero essere garantiti e coperti dallo stato più dei costi della carta igienica ormai sparita dalle scuole dell'obbligo, e trasformata in un costo aggiuntivo per le famiglie degli allievi.
Che i truffati di oggi riflettano sul lato oscuro del libero mercato mettendo in guardia chi rischia di fare la loro stessa fine, e si eviti che ci siano altri truffati in futuro migliorando la scuola del presente, con l'obiettivo di ridurre quell'analfabetismo funzionale che ha spinto molti ignoranti a puntare i propri risparmi nel gioco d'azzardo della finanza, dove vince sempre il banco (in questo caso le banche) come è confermato dalla migliore tradizione dei casinò e anche dalla statistica.
Per questa ragione, se l'investitore che credeva di essere un risparmiatore viene a chiedere al cittadino di socializzare il costo della sua ignoranza, prima di pagare il riscatto per salvare i risparmiatori dall'anonima sequestri della finanza speculativa, bisognerebbe salvare i veri dannati dell'inferno globalizzato, quel 12,5% di famiglie italiane che sono sotto la soglia di povertà, hanno un'IVA sugli acquisti di base ai livelli più alti d'Europa (anche perché dobbiamo pagare gli interessi alla finanza che specula sui nostri titoli di stato) e non hanno migliaia di euro da seppellire nel campo dei miracoli, dove gli zecchini d'oro finiscono sempre in tasca del gatto e della volpe, e se la gente non si prende nemmeno la briga di leggere Pinocchio il prezzo di questa ignoranza non dovrebbe essere pagato dal contribuente.
Per aiutare queste persone è ipocrita chi invoca la mammella dell'assistenzialismo statale che non potrà mai essere munta per i vincoli europei, è opportunista chi cavalca la rabbia di queste persone per raccattare voti e consensi, è inutile cercare soluzioni "ad personam", "ad bancam" o "ad truffam", è invece doveroso introdurre una legge simile al compianto Glass-Steagall Act, che un tempo negli Usa separava le banche di risparmio orientate al credito (dove si chiedono garanzie e coperture ai creditori quando si prestano i soldi dei risparmiatori, e eventuali insolvenze diventano un problema della banca e non dei correntisti) per distinguerle chiaramente dalle banche d'affari orientate alla speculazione finanziaria, dove l'unica garanzia è che nell'era della finanza telematica tutto è possibile e ormai nemmeno i titoli di stato possono essere considerati "risparmi sicuri".
Che si separi il grano dalla zizzania, e si mettano da una parte i banchieri che sostengono l'economia reale col credito alle imprese del territorio, dall'altra i finanzieri che amano rischiosi giochi d'azzardo purché i soldi in gioco non siano i loro, e purché lo stato sia pronto a metterci una pezza se qualcosa va male, con buona pace delle teorie sul libero mercato capace di autoregolarsi senza ingerenze statali. Che si mettano da una parte gli investitori consapevoli del rischio, dall'altra i risparmiatori che cercano alternative più efficaci del materasso, ma comunque altrettanto sicure. Che resti da una parte chi fa girare virtuosamente l'economia a beneficio di tutti, dall'altra chi fa girare a vuoto i capitali a beneficio di pochi.
I nostri politici sanno bene che la separazione tra l'economia reale del risparmio e l'economia finanziaria dell'investimento potrebbe evitare di attirare nel gorgo delle trappole finanziarie chi viene ingannato da un finto risparmio ad alto rischio, ma purtroppo sanno anche che inserire questo punto nella propria agenda di "riforme" sarebbe una operazione che non porta voti, non porta consenso, e rischia invece di trasformare in nemici alcuni amici della finanza, quelli che hanno voluto dettare la loro agenda politica al premier dal palcoscenico della Leopolda, giocando a fare gli "Italiani" con i fondi di investimento registrati alle Cayman e le tasse pagate nel Regno Unito.
E allora se i problemi non si vogliono affrontare alla radice, con una seria iniziativa politica in grado di arginare i danni della finanza predatoria, che almeno ci vengano risparmiate le lacrime di coccodrillo, i piagnistei degli sprovveduti che credono ancora nelle sorti progressive del turbocapitalismo finanziario, gli inutili ruggiti dei politicanti imbroglioni, che promettono rimborsi impossibili, ricette magiche e barricate contro le banche, mentre fanno gli struzzi davanti ad un pericoloso vuoto normativo ed evitano di impegnarsi sull'unica misura sensata in grado di sottrarre la sfera del risparmio agli appetiti della finanza.
In altre parole, serve a poco parlare di "un sistema finanziario sano ed efficiente", nascondendo ai cittadini che anche la finanza più sana non è priva di rischi, e che l'unico modo per tracciare con chiarezza il confine di questi rischi è la netta separazione del sistema finanziario da quello del credito basato sul risparmio, e serve a poco la "buona salute" di cui potranno godere in futuro questi due sistemi se resteranno pericolosamente intrecciati.
Solo in questo modo la finanza potrà restare nel suo ambito senza allargare i suoi appetiti ai sudati risparmi dei cittadini, e se verrà confinata in un ambito legalmente separato dal risparmio potrà fare tutti i giochi d'azzardo che gli pare senza far pagare il conto a terzi.
La mia speranza è che in futuro di fronte al crack di un fondo di investimento, le macerie di questo crollo possano cadere solo sulla testa dei finanzieri con le spalle larghe abituati al gioco d'azzardo, che non potranno più tenere in ostaggio nelle banche "a sangue misto" i cittadini e i risparmiatori, ai quali resterà soltanto da dire "è la finanza, bellezza, e non potete farci nulla. I vostri debiti di gioco pagateli con i vostri soldi, e non con i nostri risparmi o le nostre tasse".

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