sabato 23 gennaio 2016

Euforia nelle borse. Perché non è una buona notizia il “rimbalzo del gatto morto”.

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Gli articoli sulla giornata di giovedì in borsa sembrano bollettini della vittoria:
< Vigoroso recupero del petrolio (+3,9% il Wti a 30,69 dollari al barile e +4,6% il brent a 30,59 dollari al barile) permettono un avvio di seduta ancora brillante… Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei che ha guadagnato oggi 941,27 punti (+5,88%) a quota 16.958,53… in netto rialzo tutte le altre borse asiatiche: in Cina l’indice Composite di Shanghai guadagna in questi minuti l’1,40%, mentre quello di Shenzhen quasi l’1,70%. Ancora meglio fa Hong Kong, con lo Hang Seng che viaggia a +2,90%. Bene anche il sudcoreano Kospi (+1,95%), il Sensex indiano (+1,80%) e la Borsa di Sydney (+1,10%)…rimbalzo tecnico sulle soglie minime toccate mercoledì e la spinta arrivata dalla Nce, con l’apertura a nuove misure di sostegno all’inflazione>>
Insomma, nel giorno di San Mario, Draghi ha fatto il miracolo e la crisi sembra essersi fermata, i titoli delle banche italiane salvati, il petrolio risalito e l’euforia estesa sino al confine dell’Asia. E per di più, l’uomo di Francoforte non ha detto molto, ha solo annunciato piuttosto genericamente che fra un mese e mezzo la Bce passerà ad una politica monetaria espansiva di cui si ignorano i dati. E tanto è bastato.
Non sarà un po’ esagerato? Anche perché, per una banale questione di fusi orari, la giornata borsistica inizia in Giappone e poi in Cina, cioè le borse più lontane dall’Europa, dove si immagina che l’annuncio draghesco abbia avuto un effetto così vistoso.
In effetti anche il pezzo di Repubblica da cui abbiamo tratto i brani su riportati, parla di “rimbalzo tecnico”. Di che si tratta? L’andamento dei mercati di borsa, salvo momenti particolarissimi, non è mai rettilineo e procede, semmai, a balzi di canguro. In particolare è noto che dopo un forte calo in borsa, c’è sempre un recupero più o meno vistoso e dipende essenzialmente dal gioco dei ribassisti che offrono determinati titoli a prezzi sempre più bassi, e questo contribuisce a tirare giù il titolo presi di mira, ed in genere vendono allo scoperto. Ovviamente, quando essi stessi valutano che il titolo ha raggiunto il massimo punto di ribasso, provvedono ad acquistare i titoli da dare a chi li ha acquistati, incassando il differenziale fra i prezzo di vendita al momento dell’ordine e quello al momento della consegna. E questo, normalmente, determina la ripresa del titolo. Ci sono momenti in cui i ribassi sono generalizzati e questo favorisce la speculazione, determinando, peraltro, recuperi più o meno generalizzati. Dunque, un certo recupero a tratti è fisiologico.
Una ventina d’anni fa, ci fu un economista (credo di Singapore, se la memoria non mi inganna) che disse che “Gettato dall’alto di un palazzo rimbalza anche un gatto morto”. Che può dare l’illusione di essere vivo e guizzante, ma poi torna a cadere e resta morto, intendiamoci!
Nel caso specifico, è realistico che la tendenza abbia subito una inversione a partire dalla ripresa del petrolio dovuto allo stesso meccanismo ribassista e si sia sommato all’”effetto Draghi”.
Quindi, la “notizia” non c’è: si è trattato solo di una normale oscillazione di borsa come ce ne sono tante senza che, per questo, si alterino le tendenze di fondo del mercato.
Qui però c’è un aspetto che merita d’essere analizzato meglio: la pronta ripresa ed il rimbalzo contemporaneo in tutte le borse euro-asiatiche. Il che segnala una forte interdipendenza globale delle borse. Non ricordo (anche se posso sbagliare) episodi segnati da una tale simultaneità. E, dato che i giochi speculativi riprenderanno, esattamente come le tendenze di fondo, che non sono affatto di segno positivo, questo fa presagire un effetto domino rapidissimo. Se il rimbalzo di questo We ci ha dato un momentaneo beneficio globale, quando tornerà l’ondata ribassista, lo stesso effetto domino sarà un moltiplicatore formidabile del disastro. Ecco perché quella di giovedì non è affatto una notizia buona ma il preannuncio di una pessima.
Perchè i guai dell’economia reale sono ancora lì sul tappeto, tutti quanti. Negli anni settanta c’era una discutibilissima tendenza (in gran parte alimentata dal sindacato e dall’area di giornalisti ed intellettuali vicini) per la quale quello che contava erano gli indici occupazionali e salariali, i consumi e basta, mentre delle tendenze di borsa non interessava niente. Polemizzò con questo modo di pensare Cesare Merzagora che, giustamente, fece notare che economia e finanza non sono separabili e che l’economia non può fare a meno della finanza. Ero un giovane gruppettaro un po’ estremista ma devo confessare che, pur capendone pochissimo, ebbi la sensazione che il vecchio finanziere (uomo di destra) non avesse poi tutti i torti.
Oggi c’è una tendenza opposta ed ancora più scriteriata, per la quale la finanza può disinteressarsi dell’andamento dell’economia reale, perché ormai il denaro produce denaro senza passare per la merce; per cui se l’occupazione è ai minimi da 45 anni, i consumi precipitano, i salari sono da società schiavista, tutto questo non importa se l’indice Nikkei o il Vix sono a valori positivi. La prima, era una idea stupida, perché non capiva che l’economia reale senza il servizio della finanza non va avanti, ma la seconda è folle perché immagina una finanza autosufficiente campata in aria, che può crescere su se stessa senza svolgere la sua funzione servente nei confronti dell’economia reale. Quella finanziaria non è ricchezza reale, ma virtuale, e la realtà ha sempre la testa più dura di qualsiasi virtualità.
E fra un po’ che ne accorgeremo.
Aldo Giannuli

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