domenica 10 gennaio 2016

Grecia, come riformare le pensioni senza tagliarle

Argiris Panagopoulos – Una riforma delle pensioni senza nuovi tagli, i dodicesimi, sostenibile con maggiore giustizia sociale e solidarietà: è la proposta del governo di Alexis Tsipras – illustrata qui da Andreas Nefeloudis, segretario generale del Ministro del lavoro – per avviare una vera svolta nel paese creando un’occupazione dignitosa e garantista, per riportare l’economia in fase di crescita e liberare il paese dal commissariamento dei creditori. Nefeloudis, ex dirigente di Synaspismos e di Sinistra Democratica – il detenuto più giovane nel carcere infernale nell’isola di Gyaros nel periodo della dittatura – proviene da una famiglia storica del comunismo democratico greco e crede che la riforma delle pensioni debba diventare la madre di tutte le battaglie e permetterà la riforma delle relazioni di lavoro, con il ripristino della contrattazione collettiva e il sostegno dell’occupazione con una politica di creazione di veri e dignitosi posti di lavoro.
Perché avete proposto la riforma del sistema delle pensioni?
La questione delle pensioni in Grecia rappresenta ancora un altro lato oscuro della corruzione e del clientelismo che si sono trasformati in una grande ingiustizia sociale. Ancor oggi abbiamo almeno 230 diversi modi per calcolare le pensioni dei lavoratori e ci sono enormi diseguaglianze che dipendono dal sistemi clientelari di ogni ente assicurativo. Per esempio l’ente per le pensioni dei lavoratori del mare – Nat – paga ogni anno più di un miliardo e incassa solo 60 milioni, anche a causa del lavoro nero e non dichiarato. Il calcolo delle pensioni per esempio sull’ultimo stipendio ha una enorme forbice che va dal 65% al 120%. Per esempio nell’ente dei lavoratori al commercio – l’ex Tebe e oggi Oae – che comprende 200mila commercianti e lavoratori, chi va in pensione, ad esempio, con uno stipendio di 1.000 euro può prendere una pensione di 1.400 euro.
Lasciando da parte le ingiustizie che hanno commesso i governi precedenti è molto difficile fare un piano per il sistema assicurativo. Come si può fare una riforma delle pensioni quando abbiamo 1,2 milioni di disoccupati con la disoccupazione al 25% e il lavoro nero o non dichiarato al 15%? Il 40% dei lavoratori attivi del paese sono fuori da ogni sistema assicurativo e contributivo.
Avete ereditato un sistema assicurativo che crollava. Cosa propone però ora il governo di Tsipras?
Prima di tutto abbiamo fatto alcune constatazioni. Non si può fare nessun nuovo taglio alle pensioni dopo 11 tagli fatti dai governi di Papandreou, Papadimos e Samaras, che hanno prodotto un calo medio del 40%. Samaras e Venizelos avevano accordato e annunciato con i creditori tagli orizzontali sui stipendi e le pensioni e nuove ondate di licenziamenti nel settore pubblico se vincevano le elezioni del 25 gennaio del 2015, ancher se tutti i tagli precedenti delle pensioni non avevano migliorato lo stato del sistema assicurativo, anzi. Ed è ridicolo che oggi l’opposizione in Grecia sia più dura proprio sulla riforma delle pensioni, perché la stessa opposizione quando era al governo chiamava riforma i tagli puri e duri. Noi dobbiamo superare il vecchio sistema e creare le condizioni di avere i fondi per pagare le pensioni, dopo il saccheggio dei fondi prodotta dalla loro entrata nella borsa grazie al governo del socialista Simitis e il taglio del debito greco del socialista Venizelos, che ha provocato un durissimo e disastroso taglio dei Bot dei fondi pensione senza procedere alla loro ricapitalizzazione.
Noi abbiamo pensato di fare una riforma del sistema delle pensioni per garantire gli strati bassi e medi del lavoro, puntando anche sulla stabilità e la sostenibilità del sistema per il futuro. Abbiamo cominciato calcolando una “pensione nazionale” che potranno prendere tutti i lavoratori con almeno 15 anni di contributi, per affrontare i problemi che ha creato la disoccupazione di massa e lunga durate, mentre fino a oggi servono 35 o 40 anni di contributi. Questa pensione di base si calcola a 384 euro, che sono il 60% del reddito medio alla soglia di povertà ed è collegata con una clausola di crescita. Se la nostra economia torna a ritmi positivi di sviluppo la pensione di base nazionale sarà aumentata. Per esempio se fossimo nelle condizioni del 2009 sarebbe di 509 euro. La seconda clausola prevede che in caso di recessione la pensione non potrà comunque diminuire e la garanzia sarà data dallo stato. Questo è il primo gradino.
Il secondo gradino prevede la pensione basata sul sistema di ridistribuzione e ricapitalizzazione che dipende dagli anni di contributi che paga il lavoratore durante tutta la sua vita lavorativa. Per gli impiegati si basa sull’ultimo stipendio e per i liberi professionisti e agricoltori sui loro redditi degli ultimi anni. Il sistema però deve mirare alla giustizia sociale e a una più equa ridistribuzione delle risorse previdenziali. Così chi prende uno stipendio di 1.000 euro potrà prendere il 90% quando arriva alla pensione, mentre chi prende 4.000 euro di stipendio avrà una pensione calcolata con coefficienti più bassi.
Nello stesso momento abbiamo previsto una pensione da un fondo di solidarietà per gli anziani che oggi non hanno nulla. Ogni persona che arriva ai 67 anni, indipendentemente dagli anni dei suoi contributi, prenderà una pensione di 360 euro. Inoltre vogliamo conservare la pensione di solidarietà – Ekas – però sulla base del reddito di ogni persona per correggere anche qui le grandi ingiustizie. Perché uno con 15 anni di contributi e con l’Ekas poteva prendere una pensione anche molto più alta di chi aveva lavorato 40 anni. La pensione di solidarietà Ekas riguarda 80 mila persone e fino al 2020 sarà incorporata nel Sistema nazionale di solidarietà sociale.
Questa è la base della riforma che abbiamo proposto e come governo abbiamo detto che non ci sarà nessun taglio sulle pensioni oggi già in vigore. Se le pensioni devono essere diminuite di 50 o di 100 euro con il nuovo calcolo lo stato garantisce che almeno per i prossimi tre anni – quanto dura il programma di finanziamento – non ci sarà nessuna diminuzione della pensione perché lo stato garantisce la cosiddetta “differenza personale”.
Questa proposta però deve essere negoziata con i creditori del paese…
Si, però per la prima volta la Grecia deposita una proposta tutta sua e non aspetta che siano altri a intervenire nei suoi affari interni. Fino a ieri loro venivano e imponevano le loro proposte e decisioni. Ora siamo noi a far delle proposte sostenibili ai creditori. Credo che alla fine non ci saranno problemi per le pensioni principali e lo scontro si potrà contenere sulle pensioni aggiuntive sussidiarie. Noi proponiamo un sistema assicurativo sostenibile anche grazie all’aumento dei contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori. I datori di lavoro hanno accettato un aumento dei loro contributi del 1% e probabilmente accetteranno anche del 1,5%.Abbiamo già trovato i fondi per sostenere il pagamento delle pensioni normali e quelle sussidiarie.
Abbiamo fatto una proposta credibile. Loro fanno una guerra ideologica sostenendo che si devono trovare i fondi per pagar le pensioni da un sistema sostenibile. La proposta che abbiamo presentato anche nei scenari più avversi è completamente sostenibile. Noi abbiamo trovato anche altre risorse per sostenere i fondi pensione, come la tassa sulla transazioni finanziaria e la borsa e una tassa del 1 per mille su transazioni che superano i 1.000 euro. Questo non lo vogliamo fare per finanziare il sistema corrente ma per aumentare i fondi pensione. Inoltre vogliamo unificare tutti gli enti assicurativi in uno solo per potere gestire con maggior trasparenza e giustizia sociale le pensioni. Non possiamo permetterci una guerra tra poveri attraverso le pensioni o ridistribuire ingiustizie.
Che succederà con i nuovi pensionati? Non c’è il rischio di guerra tra generazioni? Come arriveranno a una pensione dignitosa le persone che hanno impieghi precari?
Questo è una problema molto serio e abbiamo fatto tantissimi calcoli per vedere l’andamento delle pensioni dei futuri pensionati. Secondo i nostri calcoli per la pensione nazionale con la clausola di crescita non si prevede nessuna diminuzione delle pensioni. Se ci saranno diminuzioni di 20, 30, 40 euro per le pensioni che superano i 1.000 euro saranno corrette una volta finito il programma di finanziamento, nel 2018. Quando il paese sarà fuori dal commissariamento potremo valutare come migliorare il sistema previdenziale con ancora maggiore giustizia sociale e solidarietà.
Tsipras ha detto che la riforma delle pensioni sarà la madre di tutte le battaglie per il 2016…

La riforma delle pensioni è la prima nostra proposta. Una volta finita vogliamo muoverci su tre altri settori importanti. Prima di tutto vogliamo affrontare la crisi umanitaria e la miglior soluzione è il reddito minimo garantito per tutta la popolazione che non ha redditi. Questo può partire dai 200-250 euro per il momento. Inoltre rimarranno in vigore tutte le misure che abbiamo preso per affrontare la crisi umanitaria, dai pasti gratis alle scuole, l’amministrazione della corrente elettrica e i sussidi per pagare gli affitti, le tessere di trasposto gratuito per i disoccupati, ecc. Verso marzo tutte queste misure sociali e le altre che vogliamo prendere costruiranno un nuovo Sistema di solidarietà sociale.
La seconda grande battaglia riguarda la riforma delle relazioni di lavoro con il ripristino dei diritti dei lavoratori, soprattutto della contrattazione collettiva, e una legislazione nuova per vietare e scoraggiare i licenziamenti individuali o collettivi. Una società progredisce quando la gente ha un lavoro dignitoso e garanzie. Questo momento stiamo preparando un altro “programma parallelo” che riguarda le condizioni di lavoro perché è inammissibile costringere la gente a lavorare in condizioni di servitù. Dobbiamo intervenite su tante e tantissime piccole cose che tutte insieme fanno un sistema mostruoso.
Il nostro obbiettivo è sviluppare politiche d’occupazione dinamiche, perché dobbiamo smettere di parlare di lavori sociali per i disoccupati e di assegno di voucher e di andare direttamente al sostegno dell’occupazione. Non possiamo riciclare in eterno la disoccupazione attraverso i programmi per le centinaia di migliaia di disoccupati ma lavorare per progettare un’economia sana che crea veri posti di lavoro. La nostra sinistra punta sulla crescita ecosostenibile e il lavoro dignitoso, garantito e fisso, il lavoro come diritto. Per questo il nostro scontro con i creditori anche su questa questione sarà duro.

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