venerdì 1 gennaio 2016

Regione Umbria e banche. Silenzio colpevole (micropolis dicembre 2015)

Prima la Banca popolare di Spoleto. Era controllata dalla Credito e servizi di cui era patron Giovanni Antonini. Commissariata dalla Banca d’Italia, aperto un procedimento nei confronti di Antonini, l’istituto centrale impone la cessione all’altrettanto chiacchierata Banca popolare di Desio. Gli azionisti penalizzati (ma in realtà Antonini) ricorrono alla Procura della Repubblica che apre un procedimento a carico dei vertici della Banca d’Italia. Conclusione: due processi in corso di cui si attende la conclusione che non sarà rapida. Ora le quattro popolari in causa di cui due, Banca Etruria e Banca delle Marche, con una corposa presenza in Umbria soprattutto nelle aree di confine, ma non solo. Non si riesce naturalmente a sapere quanti risparmiatori siano stati truffati - molti, vedendo i partecipanti alle assemblee convocate dalle associazioni dei consumatori - né si conosce l’entità delle perdite. La congiura del silenzio messa in atto da amministratori e mezzi di comunicazione è stata interrotta solo quando il clamore del caso ha conquistato le prime pagine dei giornali nazionali. Fatto sta che le aree che hanno subito le perdite maggiori sono quelle della fascia appenninica (Sigillo, Nocera, Gualdo), già provate dalla crisi e dove il risparmio rappresentava, spesso, la valvola di sfogo alle difficoltà delle economie locali. In alcuni casi agricoltori e piccoli artigiani avevano bloccato in banca piccoli capitali in attesa di usarli come cofinanziamento per i prossimi piani rurali e delle aree interne. Insomma sono stati colpiti non solo i risparmi, ma anche potenziali mezzi d’investimento.
Di fronte a ciò la Regione tace con cura. La presidente Marini in visita a Gualdo Tadino si è ben guardata da fare accenno all’affaire, il Consiglio regionale se l’è cavata votando all’unanimità un ordine del giorno che raccomanda di trovare qualche sollievo o “ristoro” per i risparmiatori. Niente di più: non ha competenze. I sindaci non vanno alle assemblee e quando ci vanno sono naturalmente silenti. Tranne le associazioni dei consumatori nessuno organizza e mobilita i truffati. Intanto lo scandalo monta, il governo balbetta, le istituzioni di garanzia (Banca Italia e Consob) sono sotto accusa. Insomma siamo di fronte a bombe a grappolo che esplodono una dopo l’altra, tra le gambe di chi decide, anche degli amministratori umbri a cui non passa neppure per l’anticamera del cervello di mettere in moto azioni di contrasto nei confronti dei poteri bancari e delle scelte governative, a garanzia di risparmiatori e piccole imprese. La paura non confessata è dare qualche dispiacere al governo e allo statista di Rignano. Meglio tacere, sperando che passi la tempesta. Tanto “non abbiamo poteri d’intervento e responsabilità”.

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