giovedì 7 aprile 2016

La mafia è una montagna di merda. Su Rai Uno. Spiaccicata sulla poltrona di Vespa. di Giulio Cavalli

La mafia è una montagna di merda. Su Rai Uno. Spiaccicata sulla poltrona di Vespa.
La mafia cos’è? “Non me lo sono mai chiesto, non so cosa sia. Oggi la mafia può essere tutto e nulla. Omicidi e traffico di droga non sono soltanto della mafia”. Parole, opere e omissioni di Giuseppe Riina detto Salvo, figlio di Totò. Non ci voleva molto a immaginare che sarebbe stata la polemica del giorno (ne ho scritto qui, ieri, ricordate?) eppure da noi l’indignazione arriva solo un centimetro prima dell’odore della vergogna.
Comunque: la trasmissione c’è stata e il mafioso Riina (eh, sì, condannato per mafia, come suo padre Totò) ha avuto la possibilità di darci la sua pervertita visione del mondo.  “Un figlio può giudicare suo padre, ma se lo deve tenere per sé, non può andare in giro a dirlo in pubblico, – dice a Bruno Vespa – Per me lo Stato è l’entità in cui vivo, questo per me è lo Stato. Io rispetto lo Stato, l’ho sempre rispettato, magari non condivido determinate leggi o sentenze. Se condivido l’arresto di mio padre? No, perché è mio padre. A me hanno tolto mio padre.” Falso, caro Salvo: tuo padre ha tolto a noi un pezzo di Stato. E se non rispetti le leggi e le sentenze sei un vigliacco.
“Io non giudico Falcone e Borsellino.- ha dichiarato sulla prima rete nazionale – Qualsiasi cosa io dico sarebbe strumentalizzata. Se io esterno un parere su queste persone viene strumentalizzato, io ho sempre rispetto per i morti, per tutti”. Falso: qualsiasi cosa dica sarebbe solo un rivolo di sangue che gocciola dai denti di tuo padre. Io non ho rispetto per i morti: i mafiosi morti sono mafiosi e morti, uno stronzo è un morto che è stato stronzo, tuo padre ad esempio non lo si rispetta nemmeno da vivo, per dire. E il problema che la famiglia Riina ha con l’Italia non sono i morti: sono i vivi che ha fatto ammazzare.
“Noi solitamente – continua – uscivamo con la nostra compagnia e sentimmo un sacco di ambulanze, spesso se ne sentivano, ma questa volta c’era un viavai di ambulanze e auto della polizia che andavano verso Capaci. Ci dissero che avevano ucciso Giovanni Falcone. Restammo tutti ammutoliti, poi tornammo a casa e c’era mio padre che guardava il tg. Non mi venne mai il sospetto che mio padre era dietro gli attentati”. Bene: e invece è stato lui. Niente da dire?
“Solo in Italia succede ciò. In tanti altri Paesi democratici non succede che un pentito che dice di aver commesso centinaia di omicidi non fa neanche un giorno di carcere. Poi accusano le persone, le mandano in carcere poi tornano a fare quello che facevano prima. Si poteva scegliere di fa scontare un minimo delle cose che avevano fatto”. Falso: il problema di questo Paese sono gli omertosi e tu sei della peggior specie: di quelli che parlano d’altro per omettere.
“Per noi non era normale ma non ci siamo mai chiesti perché non ce le facevano queste domande, eravamo una sorta di famiglia diversa, abbiamo sempre vissuto un po questa vita diversa dagli altri. L’arresto mio padre è stato uno spartito. C’era –  ci ha raccontato con voce da Mulino Bianco – una sorta di tacito accordo familiare, noi eravamo bambini particolari, il nostro contesto era diverso, abbiamo vissuto anche in maniera piacevole, nella sua complessità è stato come dire un gioco”. Siete bambini particolari, vero: siete figli di quella che Peppino Impastato chiamava “montagna di merda”. Della stessa pasta.
Fine puntata. Vespa ha leccato di tutto, digerirà anche questa.
Buon giovedì.

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