mercoledì 9 agosto 2017

Caro Articolo Uno, cambiare rotta, e subito di Luigi Vinci

 
Il modo con il quale Articolo 1 tende procede, a opera insindacabile del suo livello centrale, o di una sua parte che sia, mai parlando preventivamente ai suoi 33 mila iscritti, mai parlando a essi neanche dopo, è semplicemente inaccettabile.
La pattuizione avvenuta telefonicamente il 3 agosto (in agosto!) tra i compagni Speranza e Pisapia è semplicemente vergognosa. Apprendiamo dai media di un’assemblea, stando a questa pattuizione, che a ottobre dovrà creare un soggetto politico, che esso sarà di centro-sinistra, quindi non si sa che cosa sarà; non uno straccio di programma, di intenti, ecc. Nel frattempo abbiamo votato in Parlamento il buffonesco invio nelle acque territoriali libiche di navi militari italiane, a soccorso di un governo a proposito del quale va avanti una tiritera di vertice mai conclusa su come a esso rapportarsi.
In questi mesi niente è stato fatto dal livello centrale per dare consistenza programmatica, identità politica e consistenza organizzativa ad Articolo 1, lungo gli indirizzi affermati dallo stesso livello centrale nelle prime assemblee nazionali.
Per tre mesi si è giocato a rimpiattino con Pisapia; per tre mesi nessuna iniziativa seria di discussione e di confronto è stata intrapresa dal livello centrale sul versante delle organizzazioni sindacali, del movimento Alleanza popolare per la democrazia e l’eguaglianza dei compagni Falcone e Montanari, delle altre formazioni della sinistra politica, di ogni tipo di forma associativa e di movimento orientata a sinistra.
Si è scelto come interlocutore quello ambiguo, Campo Progressista, assolutamente il minore quanto a consistenza, il più divisivo, quello cioè che ha posto sistematici veti al dialogo con Alleanza popolare e con ogni altro soggetto politico a sinistra; si è addirittura continuato a dichiarare che Pisapia fosse necessariamente il federatore, insomma il capo, dell’aggregato a sinistra, cioè, concretamente, dei 33 mila militanti di Articolo 1 e dei duecento o trecento, a dir tanto, di Campo Progressista. Non c’è stata nessuna capacità di comprendere la causa, tutta politica, per le quali Pisapia è tutti i giorni sui mass-media: l’intenzione delle loro proprietà private e pubbliche di impedire che in Italia torni a esserci una sinistra legata alle classi popolari, alle loro richieste, ai loro bisogni, alle loro lotte, il sostegno attivo a che, tramite Pisapia, si rifaccia una sinistra molliccia, per la quale governare è tutto e i contenuti vengono dopo, o non vengono per niente.
Ai tentativi di Pisapia di porsi come capo assoluto, si rammenti il suo tentativo di pensionare i compagni D’Alema e Bersani, alla sua concezione padronale dell’organizzazione, alla sua convinzione grillina di un’organizzazione politica formata e orientata con l’uso, di per sé autoritario, del web anziché attivamente e democraticamente partecipata dai militanti, non è stata data nessuna risposta, né pubblica, né, guardando a come stanno andando le cose, riservata.
La battaglia contro il PD, motivata dagli orientamenti di destra e antidemocratici del segretario Renzi, si è progressivamente trasformata in una battaglia contro Renzi che si ritiene vinta se questi sarà sconfitto nelle prossime tornate elettorali e se sarà sostituito da Gentiloni o Franceschini od Orlando o Martina, come se essi non fossero sostanzialmente sulla medesima linea di Renzi quanto a contenuti sociali sostanziali, come se l’unica vera questione in ballo fosse la decisione di un futuribile PD senza Renzi sulle alleanze, se a sinistra anziché con Berlusconi e Alfano.
 
Gli effetti dannosi di quest’itinerario già sono molto gravi. Ed evidenti: è dunque impossibile che il livello centrale di Articolo 1 non li veda. Parte di quella militanza sindacale diffusa, CGIL ma non solo, che all’inizio di Articolo 1 guardò a esso come, finalmente, a una sponda politica valida, capace di rompere l’isolamento del movimento sindacale e del mondo del lavoro, quindi di aiutarli a recuperare forza, si è ricollocata della vasta area della gente di sinistra disillusa e scettica. Del teatrino mediatico creato dal duetto Articolo 1 e Campo Progressista non interessa in Italia a nessuno, fuori dal campo degli addetti ai lavori e dalla militanza sempre più disorientata, irritata e preoccupata di Articolo 1. Perché la chiacchiera vuota di questi tre mesi dovrebbe appassionare operai, precari, disoccupati, donne che l’impoverimento fa gobbare il doppio, anziani che non riescono più a curarsi, ma anche professioni, lavoro autonomo, piccola imprenditoria? Perché dovrebbero queste realtà interessarsi di un partito che ne nomina i problemi e che poi non fa niente, a parte il fai-da-te di quei suoi militanti che dispongono di qualche loro strumento istituzionale, di davvero utile?
Lo sbocco di quest’itinerario, di questa sua inconsistenza politica, culturale e morale, della sua incapacità di fare minimamente i conti con quegli errori e quei limiti che hanno portato progressivamente al collasso e al ridicolo la sinistra italiana, è presto detto: il danno politico estremo della partecipazione alle prossime elezioni politiche di due liste di sinistra; l’ennesimo rinvio quindi alle calende greche della ricostituzione in Italia di una sinistra efficace, perché radicata nel popolo. Cambiare rotta, e in tempo politico, cioè subito! 
Chi nel livello centrale di Articolo 1 l’andazzo non abbia condiviso, che batta, in tempo politico, un colpo molto chiaro, cioè fermi le cose! E che a settembre parta un processo congressuale democratico di Articolo 1; e se ciò non avvenisse per iniziativa del livello centrale, che avvenga per iniziativa delle organizzazioni locali!

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