venerdì 8 settembre 2017

Le pensioni vanno in pensione Di ilsimplicissimus


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Come si sa assieme alla nuova card pre elettorale destinata a un’elemosina temporanea per le famiglie in povertà assoluta che ricorda molto da vicino le malefatte di Tremonti, il governo ha annunciato di stare pensando a una rete di sicurezza che garantisca a tutti quelli che andranno in pensione con il metodo contributivo un assegno di 650 euro mensili nel caso i contributi versati non siano sufficienti a raggiungere tale minimo vitale. E saranno molti. una vera valanga, visto che già ora il 63% per cento dei trattamenti di quiescenza sono pari o inferiori ai 750 euro. Ma questa più che un’idea, ancorché vaga e utilizzata come carburante per le urne,  è una confessione perché essa rivela in maniera chiara una verità più che intuibile, ma che in questo ultimo decennio si è voluta pervicacemente nascondere, persino negando agli occupati più giovani l’entità delle loro future ed eventuali pensioni.
Con i 650 euro si riconosce implicitamente che il combinato disposto dei tre capisaldi della narrazione liberista  contemporanea, ovvero la cosiddetta flessibilità che è poi precarietà, il calcolo contributivo delle pensioni e la repressione salariale spacciata come necessaria alla competitività, non sono in grado di fornire un minimo vitale al termine della vita lavorativa.  Se poi a tutto questo si aggiunge la disoccupazione a livelli impossibili e che non sembra davvero staccarsi dal cabotaggio di piccoli e ingannevoli numeri, abbiamo fatto tombola. 
Assistiamo a un paradosso: per anni ci siamo sentiti dire che le pensioni erano un fattore di squilibrio del Paese, quando invece i conti dell’Inps sono sempre stati in attivo nella partita contributi – pensioni ed era semmai tutto il settore assistenziale ( di fatto le pensioni sociali e quelle di invalidità) a trascinare i conti verso il rosso. Ma adesso, dopo aver corposamente tagliato i contributi pensionistici delle aziende ( e in parte assai più ridotta quelli dei lavoratori), con un’operazione esattamente contraria a quella che la ragione avrebbe consigliato qualora gli allarmi dei soliti noti avessero qualcosa a che vedere con la realtà e con i conti, ci si viene a dire che la grande parte delle pensioni future, sia pure nella loro miseria, saranno di fatto assistenziali. Dunque avranno la meravigliosa proprietà di aver favorito i profitti di chi direttamente o indirettamente gestisce i fondi pensione, in definitiva l’ambiente finanziario, costituendo per altro un aggravio per il bilancio pubblico che si troverà a dover supportare un enormità di pensioni al di sotto del minimo vitale e con rapporto contributi – prestazioni più sfavorevole rispetto al regime precedente.
Una cosa che in parole povere e nella sostanza esprime chiaramente la volontà di demolire totalmente l’istituto pensionistico, come del resto chiedono con melliflua ipocrisia i centri finanziari e l’Fmi sostituendolo con una sorta di obolo. Dubito molto che alla fine di queste “rivoluzioni” si erogherà meno di quello che si sarebbe speso tenendo in vita il sistema retributivo, il quale tuttavia consentiva a molti di avere una capacità economica in grado di alimentare l’economia, ma probabilmente  il risparmio non è l’obiettivo primario in queste mutazioni che introducono invece una diversa e significativa differenza rispetto a quella contabile che viene presa soltanto a pretesto: mentre prima i soldi venivano distribuiti fra una vastissima platea di soggetti adesso finiranno nelle mani dell’ 1 per cento, lasciando a quasi tutti gli altri solo le briciole. Dei miserabili ci rendono miseri. 
Proprio questo intreccio di contraddizioni illustra alla perfezione le antinomie in cui si dibatte il sistema liberista e anche la sua chiarissima tendenza a spogliare il lavoro della sua dignità, dei suoi diritti e del suo peso politico nella società, dando in cambio elemosine generalizzate che sono i 650 euro ipotizzati o le card per non morire di fame, ma anche certe forme ingannevoli di reddito di cittadinanza che in pratica sono concepite per consentire di abbassare i salari molto oltre i limiti della povertà per cui l’individuo, ben lontano dal diventare libero, diventa schiavo due volte. E’ una situazione da basso impero, da panem e circenses nella quale il cittadino ridotto da soggetto di diritti a mendicante coatto non avrà altra scelta che sottomettersi.

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